Il Rinoceronte by Eugene Ionesco

Il Rinoceronte by Eugene Ionesco

autore:Eugene Ionesco [Ionesco, Eugene]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Teatro
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Atto terzo

La pianta della scena è quasi identica a quella del quadro precedente. Camera di Berenger. La stanza ricorda molto da vicino quella di Jean. Soltanto alcuni particolari diversi - uno o due mobili in più - ci indicheranno che si tratta di un'altra camera. A sinistra la scala e il pianerottolo. In fondo al pianerottolo, una porta. Non c'è portineria. Sul fondo, un divano. Una poltrona, un tavolino con sopra il telefono, magari un altro tavolo e una sedia. La finestra sulla parete del fondo è aperta. Riquadro stilizzato di una finestra in proscenio. Berenger, vestito, è allungato sul divano, spalle al pubblico. Ha la testa fasciata, pare dormire. Sta facendo un brutto sogno perché lo si sente gemere durante il sonno.

BERENGER No! (Pausa). Le corna, attenti alle corna!

Pausa.

Rumore di molti rinoceronti che passano in strada, sotto la finestra in fondo.

No!

(Cade a terra e si dibatte nell'incubo. Di colpo si sveglia. Porta la mano alla fronte, allucinato: poi si alza e va verso lo specchio).

Il frastuono esterno si allontana.

(Solleva un poco la benda sulla fronte. Con un sospiro di sollievo constata che non ha nessun bernoccolo in fronte. È incerto: va verso il divano, si sdraia, si rialza immediatamente. Poi va verso il tavolo, prende la bottiglia di cognac e un bicchiere e fa per versarsi da bere. Dopo un breve conflitto interiore rinuncia e posa bottiglia e bicchiere)

Un po' di volontà, eh? Volontà!

(Sta per andare nuovamente verso il divano, quando da fuori si sentono ancora i rumori della folle corsa dei rinoceronti che passano sotto la finestra del fondo.

Porta una mano al cuore, con spavento)

Oh!

(Va verso la finestra del fondo, guarda un attimo, poi, con rabbia, la chiude).

I rumori dissolvono.

(Va verso il tavolino, esita un istante, poi, con una mimica che significa « Tanto peggio! » , si versa un bicchiere pieno di cognac e lo beve in un sorso. Posa bot- tiglia e bicchiere. Tossisce. Si deve notare che la sua tosse lo preoccupa. Tossisce ancora e si ascolta tossire. Si guarda ancora allo specchio, tossendo, poi apre la finestra).

Ansare dei pachidermi in aumento.

(Tossisce)

No! È tutto diverso!

(Si calma, chiude la finestra, sì tocca la fronte al di sopra delle bende, va verso il divano, siede, sembra addormentarsi).

Frattanto si scorge Dudard salire gli ultimi gradini della scala, arrivare sul pianerottolo e bussare alla porta di Berenger.

(Sussulta) Che c'è?

DUDARD

Sono venuto a trovarla, Berenger, sono venuto a trovarla.

BERENGER Ma chi è?

DUDARD Sono io, sono io.

BERENGER Chi, io?

DUDARD Io, Dudard.

BERENGER Ah, è lei. Avanti.

DUDARD Non disturbo? (Cerca di aprire) È chiusa a chiave.

BERENGER Un momento. Uff, che barba! (Va ad aprire).

DUDARD (entra) Salve, Berenger.

BERENGER Salve, Dudard. Ma che ora è?

DUDARD E così? Sempre barricato in casa? Come si sente, un po' meglio?

BERENGER Mi scusi: non avevo riconosciuto la sua voce. (Va ad aprire la finestra) Sì, sì, va un po' meglio, o almeno, spero.

DUDARD La mia voce non è cambiata, io ho riconosciuto subito la sua.

BERENGER Mi scusi: mi pareva... sì, è vero, la sua voce è sempre uguale... E la



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